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Dinamismo della santità


La santità è la nostra vocazione principale (come battezzati), è l'essenza della vita cristiana. Essere cristiano vuol dire essere chiamato alla santità. Di questo ci ricorda Gesù che dice ai discepoli: "Siate voi dunque perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste" (Mt 5,48); e Paolo che scrive: "Scrivo a tutti voi che siete a Roma e che siete amati da Dio e chiamati alla santità" (Rm 1,7) e "[Cristo] ci ha salvati e ci ha chiamati con una vocazione santa" (2 Timoteo 1,9 - cfr 1Ts 3,13; 4,7; 1Cor 1,2). Nel corso della storia abbiamo molti esempi di santità. Uomini e donne che hanno vissuto questa vocazione cristiana alla perfezione, che hanno vissuto in profondità il Vangelo. Erano persone normali come ognuno di noi, ma hanno vinto tutti i suoi limiti per servire Dio e rispondere alla chiamata alla santità. Come ricorda bene il generale nella sua lettera, “la santità non è lontana dalla vita delle persone comuni”.

Ritornando alla questione del dinamismo della santità, vedo che c’è un movimento fondamentale di incontro (rivelazione) e risposta (la fede - opere). Per essere più dettagliato e più “paolino”, c’è un movimento di incontro (con Gesù MVVV), imitazione (in SP = Cristificazione) e testimonianza (comunicare il Vangelo/Cristo nella comunicazione; editare, dare alla luce, come Maria).

Il incontro è il punto fondamentale, come fa vedere don Valdir nella sua lettera: “il incontro con Gesù ci pone nella prospettiva dell’amore, ci libera dell’individualismo e dell’autoreferenzialità”. Il incontro con Cristo ci trasforma e ci pone in un nuovo cammino, un cammino di imitazione che si traduce in un cammino di evangelizzazione, di testimonianza: “Non è infatti per me un vanto predicare il vangelo; è un dovere per me: guai a me se non predicassi il vangelo!” (1Cor 9,16).

Testimoniare significa professare la fede e affermare la gioia di essere cristiani. Significa diffondere il Vangelo di Cristo e trasformare la società. Testimone significa martire, che è sempre un cammino di santità, nelle sue due vie: cruento o incruento, che caratterizza coloro che si consacrano a Dio, che dedicano tutta la sua vita alla fede e alla sequela di Cristo attraverso il servizio ai poveri e gli esclusi, per esempio.

Questa testimonianza è frutto di una imitazione che alla fine è un processo di cristificazione, secondo Paolo ("Finché sia formato Cristo in noi" Gl 4,19 e "Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me" Gl 2, 20). Possiamo imitare solo dopo conoscere, dopo aver trovato, incontrato (però possiamo conoscere sempre di più, attraverso la Bibbia e la Eucaristia). L’imitazione in Paolo si tratta, in fondo, di una vera professione di fede che dalla teoria arriva alla pratica, un movimento dinamico. Imitare Gesù, secondo Paolo, riflete una nuova comprensione della propria divinità. Dio si ha rivelato, sappiamo come Lui è, solo così possiamo imitarlo. E quindi dovremmo imitarlo. Non c’è altro cammino per i battezzati. Dio si rivela per essere imitato, per fare ognuno di noi diventare santo come Lui è santo (cfr AT, Levitico 11,44; 19,2; 20,26). Si tratta di un passo significativo verso la teologia ebraica.

Imitando Paulo che da parte sua imita Cristo è il percorso paolino di santità. Nelle sue lettere vediamo questo dinamismo: Imitando Paolo, i cristiani imitano Cristo, che Paolo stesso imita; infine dovrebbero imitare Dio e imitare uni gli altri. In questo senso, coloro che trasmettono la dottrina (che evangelizzano) dovrebbe essere sempre un modello di fede e di vita: cioè, santo. È un processo continuo che richiede sforzo, dedizione, rinunce. Ricordiamo che è cosi anche con i bambini: è in uno processo di imitazione (dei genitori) che i figli imparano la lingua, i movimenti, comportamenti, valori, gusti, etc.

L'imitazione è una realtà in movimento che porta ad una progressiva scoperta di Dio. È un configurarsi, un modellarsi a Dio, un approccio progressivo. Da soli non riusciamo a farlo, ma lo Spirito crea in noi una certa affinità con il Dio che ci permette di conoscere il suo piano di salvezza e il modo in cui opera nella storia, il Dio che si rivela e spera una risposta.

La nostra imitazione, ovviamente, si riflette nella testimonianza nel mondo della comunicazione. Come ci ricorda il Superiore generale: “Noi Paolini siamo chiamati a vivere e ad annunziare il Vangelo (a uscire!), donando agli altri, nella comunicazione e con la comunicazione, ciò che abbiamo ricevuto dal Signore”. Come Maria, dobbiamo essere gli “editori” di Cristo perché lo abbiamo incontrato e stiamo pieno di Lui a tal punto che dobbiamo portarlo agli altri, aiutare tutti ad avere lo stesso incontro.


Vengono cosi spontanee qualche domande da aggiungere a quelle del Generale: come vivo questo dinamismo? In che parte del processo sono adesso? Cosa devo fare per riflettere (imitare) di più Gesù nel mio quotidiano?

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