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Linee editoriali - Nel 2º Seminario Internazionale sulla Formazione Paolina per la Missione


Tra le diverse letture inutili che occupano il mio tempo libero, qualche tempo fa ho scoperto un concetto italiano che diventa vera filosofia di vita e che mi è sembrato adatto per introdurre la tematica di oggi, perché rispecchia molto bene la situazione che stiamo vivendo oggi nella nostra Congregazione, in modo speciale in questa settimana dedicata al Seminario sulla formazione. Mi riferisco al concetto di “gattopardismo”. 
Sicuramente gli italiani qui presenti sapranno di cosa si tratta. “Il Gattopardo” è un romanzo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa che narra le trasformazioni avvenute nella vita e nella società siciliane durante il Risorgimento, in particolare dal momento del trapasso dal regime borbonico alla transizione unitaria del Regno d’Italia, seguita alla spedizione dei Mille di Giuseppe Garibaldi. Lungo la traccia narrativa, il nipote del principe di Salina pronuncia questa frase/concetto/filosofia, che diventa una sfida storica: «Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi». 
Nel libro si parlava della situazione politico-economica del tempo. Cercando di adattare questa frase a noi oggi, a me sembra chiaro che, se vogliamo continuare a sviluppare bene la missione Paolina, se vogliamo continuare ad avere delle vocazioni, se vogliamo continuare ad avere delle belle librerie, lettori, molte pubblicazioni, diverse attività…, infine, se vogliamo che le cose rimangano grandi e belle come sempre sono state, “bisogna che tutto cambi”.
E qui arriviamo nelle nostre “Linee editoriali”. Possiamo dire che l’aggiornamento del documento Linee editoriali. Identità, contenuti e interlocutori dell’apostolato paolino, pubblicato venendo incontro a una richiesta del X Capitolo generale (linea operativa 1.1.2), cerca di offrire delle risposte in vista del cambiamento per far sì che le cose possano rimanere come sempre sono state, perché possiamo rimanere efficaci e significativi nella Chiesa e nella società. Esso suggerisce alcuni possibili cambiamenti in diverse aree del nostro apostolato, ma soprattutto nella struttura e nell’atteggiamento di fondo, arrivando a toccare la radice della nostra stessa “identità” perché, come già diceva don Tonni, secondo successore di Don Alberione, nel lontano 1975: «In diverse circostanze si è parlato e discusso, anche animatamente, circa la identità dei religiosi della Società San Paolo. La proposta ricorrente della domanda circa la nostra identità è certamente un motivo di consolazione, sia perché è necessario che ci interroghiamo spesso su ciò che siamo o che dovremmo essere, e sia perché i nostri giovani vogliono conoscere con precisione la loro identità in seno alla Famiglia religiosa cui sono incorporati». E qui arriviamo proprio a questo Seminario sulla formazione, dove ha ancora più senso parlare della nostra identità, non per cambiarla, ma per chiarirla e rafforzarla.
Abbiamo riservato questo momento del Seminario per parlare delle “Linee editoriali” non perché questo è un documento recente della Congregazione. No! Piuttosto perché l’aggiornamento di questo documento ci ha fatto riflettere a lungo sulla nostra missione, che adesso deve trovare necessariamente continuità nella dimensione formativa. Le “Linee editoriali” sono le conclusioni e la sintesi del 2º Seminario Internazionale degli Editori Paolini (2º SIEP), sono le riflessioni di tutti gli editori paolini riuniti insieme e presentate in modo molto denso e conciso. Ma queste riflessioni non possono rimanere solo dei bei pensieri o pura poesia lanciata nell’aria. Devono essere tradotte in progetti, azioni e iniziative concrete nel nostro apostolato. Questo sarà possibile soltanto se abbiamo dei Paolini creativi e impegnati, veri “apostoli-editori”. Per questo è fondamentale che la formazione stabilisca dei criteri e delle strategie, percorsi o itinerari perché i futuri Paolini possano rispondere a queste esigenze, abbiano gli strumenti per corrispondere a quello che le “Linee editoriali” suggeriscono per il futuro della missione. Il tema del presente Seminario è: “Formazione per la missione”. Questa è infatti la filosofia del nostro Fondatore:  tutto per la missione, la formazione deve essere tutta orientata per edificare dei veri apostoli-editori.
Mi piace presentare le “Linee editoriali” come un faro. Perché il faro è fondamentale quando navighiamo nel mare (anche digitale). Nelle situazioni difficili, di incertezza, nel buio, nella tempesta… Quando non sappiamo bene dove andare, come muoverci, il faro ci dà una direzione, ci guida. Anche se è lontano, sappiamo dove dobbiamo andare. In questo momento particolare di “crisi”, oscurità, cambiamento, ecc. è fondamentale avere una guida, una luce da seguire. Usando la stessa immagine o metafora del faro, direi che la formazione è ciò che ci aiuta ad arrivare a questo faro. È ciò che ci insegna a usare il vento in modo più  efficace, a leggere le mappe, a capire i movimenti del mare, le correnti marittime, la posizione delle stelle, a costruire una nave più forte e veloce… Infine, è ciò che ci dà tante possibilità di arrivare in modo più sicuro, più veloce e più sereno al nostro destino/obiettivo.
Parto del presupposto che tutti noi qui presenti abbiamo già letto e studiato il documento “Linee editoriali”. Ci sono molti modi di leggerle, secondo le esigenze e il contesto di ogni Circoscrizione. In questa presentazione cercherò di sottolineare soltanto alcuni punti, specialmente collegati alla formazione, perché questo è, di fatto, il passo che ci manca: la preparazione di un piano di formazione che traduca le “Linee”, che porti i giovani a questo ideale che le “Linee” stesse propongono molto ottimisticamente e utopicamente. 
Come ho già accennato, questo documento non è un trattato sulla missione paolina né, tanto meno, un trattato sull’apostolato paolino. È semplicemente un contributo per riflettere e aggiornare la nostra azione apostolica nel contesto attuale: comunicativo, sociale ed ecclesiale. L´obbiettivo del documento è di dare alcuni principi fondamentali per uniformare i criteri dell’editoria paolina universale. Essere un orientamento per i prossimi anni, un “faro”, appunto. Questo d’accordo con le tendenze e i paradigmi della comunicazione attuale, che sicuramente saranno diversi tra 5 o 10 anni. Esso vuole aiutare la Congregazione a fare dei passi in avanti, riconoscendo la sua storia e anche la ricchezza che la compone, con tutti i punti fermi della nostra missione.
Il documento cerca di portarci dentro una nuova visione comunicativa, culturale, sociologica, ecclesiologica e anche carismatica[1]. Già dal titolo si intravvede questa nuova visione: “Linee editoriali” è l’elemento centrale, le linee guida essenziali, il binario sul quale andare, la luce da seguire… I tre termini “identità”, “contenuti” e “interlocutori” diventano i tre rebbi di questo tridente, i tre lati di questo triangolo, le tre dimensioni fondamentali delle politiche e azioni che danno unità all’istituzione nel suo complesso divenire e alla sua missione. Esempio di questa novità è anche la terminologia utilizzata, ad esempio “interlocutori” (e non “destinatari”, “pubblico” o “clienti”), che risponde alla logica della comunicazione attuale, non soltanto “di massa”, ma “sociale”, “digitale”, “interrelazionale”, ecc. Ognuna delle sette partidel documento[2] porta delle novità, cosi come ci ricorda alcuni elementi fondamentali della nostra missione.
È forse scontato dirlo, ma voglio comunque sottolineare che le “Linee editoriali” non sono “tematiche editoriali”, o contenuti editoriali (sono anche questo, ma non solo), o regole soltanto per quelli che lavorano in redazione. Sono, invece, in modo più ampio, politiche fondamentali, parametri, principi di lavoro che danno unità e organizzazione a un progetto e a tutta l’istituzione. Vi è contenuto un ideale che deve ispirarci e motivarci, anche se ovviamente non al 100% raggiungibile. Deve promuovere processi (cfr. Evangelii gaudium nn. 222 ss: «Il tempo è superiore allo spazio… Dare priorità al tempo significa occuparsi di iniziare processi più che di possedere spazi»). Sono orientamenti per tutti i Paolini, per tutte le comunità, per tutti i settori, per tutti i progetti, per tutte le iniziative… visto che, come ci ricorda Don Alberione: «L’apostolo fa il suo apostolato quando maneggia la penna, come quando mette in moto la macchina per stampare quello che è stato composto. […] Esso è opera di tutti insieme: dello scrittore, dello stampatore, del brossuratore, del legatore, del propagandista, uniti in un medesimo apostolato, per ricevere tutti insieme, avendo tutti concorso quest’opera, il premio dell’apostolo, quando il Signore non farà distinzione fra chi ha usato la penna e chi ha usato il compositoio ma darà il premio secondo l’amore con cui si è fatto»[3].

1. Identità dell’Editore paolino = essere “editori”
L’identità dell’Editore paolino è uno degli elementi fondamentali del documento “Linee editoriali”. Dopo aver presentato l’apostolo Paolo come modello di comunicatore, dal quale dobbiamo imparare tante cose (ad esempio «la dimensione della pastoralità e dell’universalità, la profezia, lo zelo e l’impegno totale, la passione e la capacità di ascolto, l’audacia e l’abilità di costruire una rete di collaboratori, il dinamismo apostolico e il senso di responsabilità» ecc.), esso afferma – con le parole di Don Alberione ricordate da don Perino – che la vocazione specifica o lo scopo unico di ogni Paolino è essere “editore”. L’essenza del Paolino è essere “editore”, non scrittore (anche questo, ma non è la componente essenziale), non comunicatore massmediale, non stampatore, figuriamoci commerciante, distributore o venditore…
Però, capiamo bene cosa significa essere “editore”. Don Alberione afferma che: «Col nome di edizione non intendiamo soltanto un libro: noi intendiamo altre cose. La parola edizione ha molte applicazioni: edizione del periodico, edizione di chi prepara il copione per la pellicola, di chi prepara il programma per la televisione, di chi prepara le cose da comunicare per mezzo della radio. “Edidit nobis Salvatorem” dice la liturgia; la Vergine SS.ma ci diede il Salvatore. Usa il verbo edidit. L’edizione comprende il concetto artistico, lo studio per produrre un oggetto che nel medesimo tempo è liturgico e artistico. Comprende anche il lavoro delle suore che si preparano a fare il catechismo ai fanciulli e poi, realmente, in carità, lo spiegano»[4]
Edit viene dal latino e significa “dare alla luce”, dare vita, partorire, trasformare… e si riferisce a tutte le forme di comunicazione. Per questo possiamo dire che «il Paolino è un uomo chiamato da Cristo e consacrato per essere apostolo della comunicazione, per essere essenzialmente un “editore”, colui che dà forma a un’esperienza, che scrive o traduce la sua vita personale e comunitaria di fede e di incontro con Cristo in parole, testi, immagini, suoni, video, byte o in qualsiasi altra forma che la tecnica via via sviluppa; ma anche in esperienze e iniziative dove ogni linguaggio è al servizio dell’inculturazione del Vangelo con e nella comunicazione. Colui che, ad esempio di Maria, dà (edit) il Salvatore al mondo»[5].
L’editore “dà” Gesù al mondo in tutte le forme e linguaggi della comunicazione, in qualsiasi settore dell’apostolato, e principalmente con la sua testimonianza. Il primo strumento della comunicazione, infatti, siamo noi stessi. Per questo si fa riferimento al concetto di meducazione (“I media siamo noi”) e si dedica tutta una sezione alle relazioni (3. Creare relazioni). Il Documento finale del “Sinodo sui giovani” ci ricordava precisamente che «non basta avere delle strutture, se in esse non si sviluppano relazioni autentiche; è la qualità di tali relazioni, infatti, che evangelizza» (n. 128). E, recentemente, parlando al Dicastero per la comunicazione, Francesco ha dato un consiglio che è molto adatto anche a noi Paolini: «La nostra comunicazione dev’essere testimonianza. Se voi volete comunicare soltanto una verità senza la bontà e la bellezza, fermatevi, non fatelo. Se voi volete comunicare una verità più o meno, ma senza coinvolgervi, senza testimoniare con la propria vita, con la propria carne quella verità, fermatevi, non fatelo»[6].
Per rinforzare questa essenzialità della vocazione paolina possiamo anche ricorrere a qualche statistica storica. Per esempio il 97% della produzione editoriale nel periodo 1931-1940 è frutto della redazione paolina (cioè dei membri); questo indice è sceso al 25% negli anni ’40, al 15% negli anni ’50 ed è arrivato a toccare l’1,5% dopo il 1960. Se guardiamo all’evoluzione del pensiero di Don Alberione, arriviamo alla stessa conclusione: il primo “manuale di apostolato” o la sistemazione teorica del suo progetto di nuova evangelizzazione attraverso la comunicazione fu intitolato Apostolato stampa (1933), subito dopo diventato Apostolato dell’edizione (1944) e, quindi, Apostolato delle edizioni (1950)[7]
La questione adesso è: come essere “editori” in un nuovo modello di comunicazione, non più massmediale, “sociale” nel senso che intendeva Don Alberione? Come essere “editori” nell’ambiente digitale? Questa è la sfida attuale, specialmente per la formazione che deve preparare i futuri “editori” e non più “stampatori” o “venditori di libri”. Qui entriamo anche nella seconda sezione del documento: Coraggio di cambiare. Cambiare non soltanto il modo di fare e le strutture, ma soprattutto la mentalità. Passare dalla logica del pulpito (massmediale, unidirezionale, gerarchica, ecc.) a quella dell’agorà (dialogica, relazionale, orizzontale, ecc.). 
Su questo aspetto siamo in sintonia con quello che dice papa Francesco (e che promuove poi attraverso il suo esempio): creare una cultura della comunicazione come sostantivo e non come aggettivo. «Noi siamo caduti nella cultura dell’aggettivo: usiamo tanti aggettivi e dimentichiamo tante volte i sostantivi, cioè la sostanza (…) si cade in questa cultura dell’aggettivo che è troppo liquida, troppo “gassosa”», afferma[8]. Nell’incontro con il personale del Dicastero per la comunicazione sopra citato, riafferma questo concetto: «La vostra sia una comunicazione cristiana senza aggettivi. […] Abbiamo dimenticato la forza dei sostantivi che dicono la realtà, per far posto agli aggettivi». L’indicazione è, dunque, di passare dalla cultura dell’aggettivo alla teologia del sostantivo: «Comunicare con la testimonianza, comunicare coinvolgendosi nella comunicazione, comunicare con i sostantivi delle cose, comunicare da martiri, cioè da testimoni di Cristo: da martiri». Passare da una comunicazione tecnico-strumentale (massmediale, ecc. = cultura degli aggettivi, il fuoco è sull’oggetto) a una comunicazione umana (relazione/comunione = cultura del sostantivo, il fuoco è nel soggetto). Mettere l’essere umano prima della tecnica. 
Il tema della Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali per l’anno 2020 (“Perché tu possa raccontare e fissare nella memoria” Es 10,2. La vita si fa storia”) ci ricorda esattamente questo. Il fuoco sulla memoria come “trasmissione” (=consegna) di esperienze, sogni, speranze ecc. (e non soltanto informazione) tra una generazione e l’altra sottolinea che la comunicazione vera nasce dall’incontro e si conclude in un cambiamento/trasformazione dell’altro (ad esempio della comunicazione di Gesù). Praticamente in tutti i messaggi recenti per le Giornate delle comunicazioni il Papa segue questa linea di una comunicazione umana, interpersonale, e non “sociale” nel senso tradizionale. Una comunicazione secondo il suo senso originale di “comunione” e non secondo il moderno concetto di “trasmissione tecnica di informazioni/dati”. Occorre ricordare l’insistenza del Papa nel promuovere la comunicazione come ponte, per una cultura dell’incontro (2014 e 2016), nel passare da una rete di fili a una rete di persone (2014), o dalle network comunities alle comunità umane (2019), comunicare speranza e fiducia (2017), ecc. Cioè, anteporre l’uomo alla tecnica, incoraggiare il dialogo, de-tecnicizzare la comunicazione per ritrovare i valori di un vero umanesimo. Questo perché la tecnica cambia, e molto velocemente. La formazione deve essere molto attenta in questo aspetto. Formare tecnici nella comunicazione è un grande rischio. Vediamo andando per le Circoscrizioni quante Paolini sono esclusi dell’apostolato oggi perché hanno imparato soltanto una tecnica, ad esempio la tipografia. Formare comunicatori, editori, soggetti che pensano e vivono la comunicazione; e non semplici tecnici, aggettivi, perché questi subito saranno esclusi, a margine della missione.

2. Aperti a ogni interlocutore
Cambiare dalla logica del pulpito alla logica dell’agorà comporta anche “uscire” dalle nostre case, e principalmente dai nostri uffici, per trovare la gente, cioè gli “interlocutori”[9] come ne abbiamo espressamente nominato nelle “Linee editoriali”. Da qui l’importanza di creare vere comunità, la centralità del dialogo e dell’ascolto (anche del silenzio – cfr. 4.3 su i big data, il rumore e l’eccesso di informazione, ecc.). Soltanto ascoltando l’altro possiamo sapere di cosa lui ha bisogno, come possiamo aiutarlo, come possiamo trasformarlo. Dobbiamo ascoltare e non solo parlare. Questo serve per l’apostolato e soprattutto per la formazione. Siamo nella piazza pubblica (agorà), non più sul pulpito. Non siamo più riconosciuti immediatamente come portatori della verità, per questo dobbiamo conquistare la fiducia prima di trasmettere un contenuto: anzi, “il contenuto” che è Cristo. San Paolo è anche qui un modello da imitare. 
Questo contenuto viene specificato nella sezione 6 delle “Linee editoriali”, le Scelte editoriali: «Da questo contenuto centrale ed essenziale (Cristo/Vangelo) germogliano tutti gli altri. Il primato del contenuto, pertanto, è irrinunciabile[…] Le nostre scelte editoriali, nei diversi ambiti e aree, devono manifestare la dimensione profetica della nostra consacrazione, aiutando le persone a leggere la realtà e ad affrontare le sfide attuali, offrendo loro i criteri per fare delle scelte responsabili e consapevoli» (n. 6.2). Si riafferma la rilevanza e l’attualità dei tre ambiti specifici e determinanti della nostra missione apostolica[10], cioè: Bibbia, famiglia e comunicazione. Aggiungendo ogni anno un tema «ispirato dalle maggiori problematiche contemporanee e in sintonia con il cammino della Chiesa universale» (n. 6.3.4).

3. Unità apostolica
Prima di concludere voglio sottolineare un altro punto fermo presente nel documento, da valorizzare nel processo formativo perché essenziale nel contesto attuale: il lavoro in équipe (e in rete) e l’unità apostolica, cioè la sinergia o “sinodalità”. Questo tema lo ritroviamo al punto 5 delle “Linee editoriali”, ma esso è già presente al principio, nel paragrafo 1.5. Più volte si ribadisce (anche con riferimento alle nostre Costituzioni[11]) che l’editore non è solo una persona, ma un collettivo, un insieme, un gruppo. Il lavoro di squadra, la collegialità/sinodalità è essenziale[12]: lavorare in gruppo, con i rispettivi Consigli e con un Progetto apostolico chiaro e funzionale; lavorare con i laici e la Famiglia Paolina, ecc. Il lavoro di squadra è un importante tipo di comunicazione. Non possiamo essere uomini di comunicazione se non riusciamo a comunicare bene tra di noi, se non possiamo lavorare insieme in un progetto comune, discutendo idee, cambiando pensiero quando necessario. Se non riusciamo a costruire delle rete di collaborazione, ad esempio di san Paolo.
Nel documento viene sottolineato anche l’aspetto della comunicazione come comunione, cosi come l’importanza del nostro marchio unico (logo che per altro è stata una richiesta del 1º Seminario Internazionale degli Editori e approvato in un Capitolo generale[13]). Il marchio è il simbolo visibile dell’unità, del nostro valore e credibilità, elementi essenziali nel mondo della comunicazione di oggi. In effetti, questo è ciò che i blogger, gli Youtuber, gli influencers, ecc., cercano di costruire: la credibilità. Noi l’abbiamo già, non possiamo perderla. 

4. Formazione per la missione
Il documento si conclude con il necessario collegamento con la formazione, cosa che in questo Seminario viene potenziata. Come formare il Paolino per corrispondere al profilo presentato nelle “Linee editoriali” (e richiesto dal contesto socio-comunicativo attuale)? Come adattare i nostri processi formativi perché formino veri apostoli-editori? Ecco la nostra funzione in questi giorni: cercare delle vie che favoriscano in modo ottimale questo rinnovamento di cui la Congregazione ha bisogno per continuare a fare bene e sempre meglio la sua missione. Speriamo che questo Seminario faccia germogliare tantissime idee per “cambiare tutto” in modo che “tutto rimanga come era”, come ci augurava il Gattopardo.
«Sono tante le sfide e le difficoltà per poter “rinnovare lo slancio della nostra azione apostolica” nel contesto socio-comunicativo attuale. Anche se ci riconosciamo limitati e insufficienti, tuttavia siamo spinti e animati dalla certezza che il Paolino è un continuatore della missione di Gesù, il Maestro, secondo il dinamismo missionario di san Paolo e la passione apostolica di Don Alberione. “Non omettiamo il dovere; non scusiamoci con facilità; non illudiamoci con presunzione di fare altro bene, facciamo il nostro; non perdiamo tempo”, esortava il Primo Maestro. Siamo chiamati a evangelizzare oggi, come “apostoli-comunicatori-editori”, con tutti i mezzi e linguaggi, per fare arrivare a tutti la Verità. “Se il nostro apostolato seguirà Iddio scrittore ed editore, sarà veramente fecondo, non finirà mai, le vocazioni si moltiplicheranno”»[14].

Ariccia, 8 novembre 2019


[1] Visione carismatica: il Paolino è un apostolo comunicatore, evangelizzatore, continuatori della missione di Gesù e di San Paolo; è editore –editit –, la libreria è un centro di apostolato, editore unico, collaborazione/unità/team work, Marchio unico, editor come soggetto comunitario, centralità della Parola, ecc.; 
Visione ecclesiologica: secondo il paradigma di papa Francesco, piena armonia con l’ecclesiologia attuale, coinvolgendo tutti i documenti, in rete, sinodale, creazione di ponti, cultura dell’incontro. Cfr. EG: iniziare processi e non creare strutture.
Visione comunicazionale e umano-relazionale: big data, interlocutori, comunione, relazione/alterità, costruire ponti, dimensione relazionale, generativa, umanizzante, nuova grammatica, crossmedialità, interlocutori vs destinatari, pulpito vs agora. Cfr. fasi della comunicazione, architettura sociale e condizione abitativa, ecologia comunicativa, noi siamo i media = meducazione, cf. 6.3.3.
Visione sociologica: società in rete, nativi digitali, umanità mediale, onlife, community, algoritmi.
Visione culturale: comunicazione come cultura, ambiente, incontro = ascolto, comunicazione, Centri culturali, Centri studi, eventi, comunità ecc. come luoghi apostolici di relazioni e di eventi.
[2] Identità, coraggio di cambiare, creare relazioni, aperti a ogni interlocutore, unità apostolica, scelte editoriali, formazione per la missione.
[3] Don Alberione, Predica del 25 settembre 1952.
[4] Don Alberione, Prediche, 1957. 
[5] Linee editoriali. Identità, contenuti e interlocutori dell’apostolato paolino, n. 1.2.
[6] Discorso del Santo Padre Francesco ai partecipanti all’Assemblea plenaria del Dicastero per la Comunicazione, 23 settembre 2019.
[7] Nel 1955 è stata pubblicata la terza edizione, che riprende il titolo L’Apostolato dell’Edizione.
[8] Papa Francesco, Udienza generale in Piazza San Pietro, 3 aprile 2019.
[9] Chi prende parte attiva in un dialogo o a una discussione; la persona con cui si parla, soggetto con cui si instaura un dialogo, un rapporto e, anche, una trattativa, un accordo.
[10] Cfr. Linee editoriali, contenuti, destinatari dell’apostolato paolino, 2005, n. 4.
[11] Cfr. Costituzioni e Direttorio, art. 85 e ss.: “La collaborazione nell’apostolato”.
[12] Anche il Documento finale del “Sinodo dei vescovi sui giovani” parla molto del lavoro di squadra e della sinodalità: cfr. nn. 103 e 124.
[13] Il marchio è stato formalmente presentato durante il 6° Capitolo generale ad Ariccia nell’aprile del 1992. Il Capitolo generale del 1998 ha ripreso questo argomento, e così si è espresso nelle sue deliberazioni: «Il 7° Capitolo generale si è pronunciato con voto deliberativo sulla valenza del nuovo marchio, stabilendo che esso viene assunto sia per identificare le attività apostoliche sia in riferimento all’Istituzione Società San Paolo» (cfr. Atti, p. 45).
[14] Linee editoriali. Identità, contenuti e interlocutori dell’apostolato paolino, n. 7.3.

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